Spiagge, sì alle gare pubbliche attribuendo il giusto valore alle imprese preesistenti
Il braccio di ferro sulla gestione delle spiagge va avanti da 15 anni, a partire dal 2006, quando l’Europa, con la direttiva Bolkestein, ha obbligato gli Stati membri a bandire gare per concedere tutti i beni pubblici, fra cui il demanio costiero.
Da allora è stata attuata una politica fatta di proroghe e inerzie, fino a quando a novembre scorso l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha sancito l'inapplicabilità delle leggi nazionali che, nel frattempo, hanno disposto la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime per attività turistico-ricettive.
Negli ultimi mesi i tavoli di confronto istituiti per fare fronte a questa emergenza amministrativa non hanno prodotto risultati, per l’incapacità di mediare fra gli interessi consolidati delle imprese balneari e la necessita di applicare la direttiva.
Noi socialisti riteniamo che non si possano attivare procedure di gara senza prevedere meccanismi forti di riconoscimento degli investimenti da tempo messi in campo ed effettivamente rendicontati da parte degli imprenditori balneari, parliamo di quelli virtuosi, che hanno creato l’ossatura vincente dell’offerta turistica del nostro paese. Nel contempo non possiamo non notare quanto irrealistico sia il ritorno economico a favore dello Stato per la concessione di spiagge in aree di grande prestigio.
Per questo chiediamo che si proceda con le gare pubbliche, però attribuendo il giusto valore e peso alle imprese preesistenti, che dovranno essere coinvolte in questa opera di ristrutturazione del settore. L’obiettivo non deve essere la sostituzione pregiudiziale delle imprese balneari già operanti, ma la migliore valorizzazione del nostro patrimonio pubblico, evitando un prevedibile, nuovo immobilismo dovuto ai ricorsi.
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