Centinaio: «Sulle spiagge modifiche in Aula. Abbiamo dovuto accettare la scelta»
di Cesare Zapperi
Il sottosegretario leghista: «Noi avevamo proposto una mediazione ma Draghi ha deciso così. Confido che in Parlamento potremo cambiare»
La decisione del Consiglio dei ministri l’abbiamo dovuta accettare». Gian Marco Centinaio, leghista doc, oggi sottosegretario alle Politiche agricole, ma ministro del Turismo nel governo Conte I, conosce bene la materia delle concessioni balneari perché porta il suo nome la legge che le prorogava fino al 2033.
Come è possibile che, partendo da una posizione molto rigida, adesso abbiate dato via libera alle gare già dal 2024?
«Ci sono state sentenze della Cassazione e del Consiglio di Stato che non si possono ignorare. Noi le abbiamo contestate perché riteniamo che siano andate oltre la volontà del Parlamento che aveva votato la legge 145 che porta il mio nome. Il presidente del Consiglio ha voluto accelerare la decisione».
Come accelerazione, passare dal 2033 al 2024 è un bel salto.
«Draghi ha deciso così. Noi l’abbiamo dovuta accettare».
E ora cosa farete?
«Visto che ci sarà una legge delega, lavoreremo in Parlamento per apportare modifiche. Anche se noi rimaniamo convinti che ci si potesse comportare diversamente».
Ce l’ha con il premier o con gli altri partiti della maggioranza?
«Penso al presidente del Consiglio, è lui che ha voluto chiudere subito. La Lega ha proposto una mediazione, ma si è voluto andare avanti come un treno in corsa».
In cosa consisteva la vostra mediazione?
«Chiediamo la revisione del demanio marittimo così come del resto ci viene chiesto dall’Europa. E poi è necessaria una fotografia dell’esistente, una mappatura delle spiagge...».
Ma così non si finisce più. Ora che vengono pronte le fotografie passerebbero mesi o anni.
«Guardi, comunque quel lavoro va fatto. Lo si farà in tutta fretta, si commetteranno errori e fioccheranno i ricorsi. Mi chiedo: perché il governo dei migliori non ha adottato la decisione migliore?».
Voi fate parte del «governo dei migliori». È una domanda che fate a voi stessi.
«Vero, ma la fretta di portare a casa il risultato non la considero la scelta migliore».
Ma non è la prima volta che siete in dissenso rispetto alle decisioni del governo.
«Io sono in disaccordo solo in questa occasione. Ma vado oltre e confido che in Parlamento si possano apportare le modifiche che ci stanno a cuore».
Perché avete votato a favore se avevate perplessità?
«Perché si è deciso di adottare lo strumento della legge delega che consente un successivo intervento del Parlamento. È come se si fosse giocato il primo tempo della partita. Tempo per rimediare ce n’è. Altrimenti, se non si possono modificare nemmeno le leggi delega dobbiamo farci qualche domanda sullo stato della nostra democrazia».
Che voto dà al provvedimento?
«Va bene così. Faccio il sottosegretario alle Politiche agricole io...».
Fa comunque impressione che lo Stato incassi dalle concessioni balneari tra i 100 e i 150 milioni all’anno a fronte di un giro d’affari stimato in 15 miliardi. C’è qualcosa che non va, evidentemente.
«Confcommercio parla di cifre completamente diverse. Ma il tema qui non è che non si vogliono pagare canoni più adeguati. Già nel 2018 fu espressa la volontà di accettare degli adeguamenti».
La lobby degli stabilimenti balneari non è parsa così disponibile.
«Non parliamo dei singoli. Le associazioni di categoria sono consapevoli che il sistema va cambiato. Però, attenzione, il settore del turismo è quello uscito più penalizzato dalla pandemia. Non credo che sia sensato accanirsi proprio in questo momento. Non credo vogliano privilegi, ma rispetto visto che danno lavoro a decine di migliaia di persone».
Voi leghisti temete la concorrenza a destra di Fratelli d’Italia che tiene una posizione oltranzista?
«Nel 2006, quando fu varata la direttiva Bolkestein, nel governo Berlusconi che non sollevò obiezioni c’eravamo tutti, anche Giorgia Meloni. Perché non si oppose allora?».
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